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Sardegna – L’isola delle miniere

Partire per l’isola delle vacanze

Parlare della Sardegna come di un isola è riduttivo, perché la Sardegna è molto di più, è un continente. Non certo per estensione geografica, ma per “vastità” dei paesaggi, dei sapori, delle tradizioni, della cultura. Un universo che, per i non sardi, è davvero “misterioso”. Misterioso, del resto, era il popolo che ne ha “firmato” la storia con monumenti straordinari, i nuraghi, oggi testimoni di pietra d’un passato enigmatico ma ancora vivo nelle mille feste o nei sapori di una cucina vigorosa e inconfondibile. Come vigorose e inconfondibili sono le terre dell’interno, le montagne, le foreste, i paesi. E come forte, orgogliosa, sorprendente è la gente che popola questa terra da millenni.

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Un tratto della Costa Smeralda

Per questo la Sardegna, che grazie alla Costa Smeralda è diventata il simbolo di un’estate senza fine, è capace di riservare emozioni inaspettate. Un mondo da scoprire non solo d’estate: per il clima e le mille ricchezze, oltre ai 1600 chilometri di coste, la Sardegna è una meta per tutto l’anno, ricca di profumi, di umori, di colori che, con il variare delle stagioni, non perdono, ma mutano la propria malia.

Le miniere

Tra le perle nascoste di quest’isola, la costa orientale della Sardegna, selvaggia, sconosciuta, sorprendente, meriterebbe più attenzione di quanto non le si dedichi. Tra Oristano e Iglesias scorre una fascia di territorio che finisce in mare, dove non esiste strada litoranea, gli alberghi sono rarefatti, spesso si trovano all’interno e i vacanzieri paiono una specie in estinzione. Ma soprattutto c’è una natura forte, e molte testimonianze dello sfruttamento minerario operato in zona e finito ormai da molti decenni. Ruderi d’architettura industriale e dune a perdita d’occhio che entrano in acqua. Sotto Oristano si sviluppa una zona costiera di lagune e terre bonificate; ancora a sud, la costa non è più piatta ma iniziano giochi di avvallamenti e dune.

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Le “sabbie viventi”

Tra il mare e i paesi interni sino a Capo Pecora si vive una straordinaria sensazione africana. Un mare di sabbia distribuito a dune, che i geologi dividono in dune fossili e in altre più “giovani”. Sulle prime spuntano i ginepri; le seconde, risalenti a duecento anni or sono, vengono dette “sabbie viventi” per la loro tendenza al movimento prima di trovare definitiva collocazione stabile. Alcune di esse sono alte 50 metri e contrastano con il verde deciso della vegetazione a macchia mediterranea che spunta tutt’attorno, contorta dai venti di mare che spirano spessissimo.

Se si vuole ammirare un panorama notevole, Capo Pecora è la meta ideale, da dove una mulattiera conduce sul Monte Mumullonis, tra rosmarini e lentischi. Al di sotto si vede la bella spiaggia di Portixeddu. Anche questa era zona di miniere, sin dai tempi remoti dei Punici e dei Romani.

All’interno, subito a ridosso del mare, ha inizio uno scorcio della storia mineraria sarda. Verso la fine dell’Ottocento, infatti, società straniere o a capitale misto presero a sfruttare le risorse minerarie della zona. Ritornando sulla costa, Buggerru merita una visita. E’ un paese di poco più di mille anime, che conobbe un momento di rapidissimo sviluppo alla fine dell’Ottocento. La compagnia francese che gestiva le miniere vi costruì una sorta di città dei pionieri da film western, con servizi sociali e persino un teatro. I ruderi di tutto ciò parlano da soli.

Continuando a fil di costa da visitare il villaggio minerario di Planu Sartu, che si raggiunge con un sentiero per capre a picco sulla scogliera di dolomie calcaree interrotte da un faraglione. In questa zona ci sono ben 20 vie attrezzate e segnalate per scalatori marini. Cala Domestica, l’ansa che si apre dopo Planu Sartu, è una delle più belle di questo tratto di costa alla quale si giunge scarpinando e attraversando una galleria scavata nel calcare. Anche qui sopravvivono relitti dell’attività mineraria.

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Porto Flavia

Le falaise della costa sud sono punteggiate di grotte marine. In quelle del golfo di Porto Sciusciau pare si rifugiassero gli U-Boot tedeschi durante l’ultimo conflitto. Con una stradina si può scendere ancora seguendo il mare, sino all’abitato di Masua, da dove partivano i vagoncini di materiale minerario che giungevano, grazie a una galleria, a Porto Flavia, bella baia.

La Sardegna delle dune e delle miniere perdute è questa, dal fascino difficile e intenso.

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