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BERLINO – La caduta del muro

13 agosto 1961: erano le prime ore di una domenica come tante quando le truppe della DDR (la Germania Est) interruppero i collegamenti tra Berlino Est e Berlino Ovest e cominciarono a costruire, sotto gli occhi increduli della popolazione, un muro che avrebbe, una volta completato, attraversato la capitale, diviso le famiglie e tagliato la strada tra casa e posto di lavoro, scuola o università. Alla Porta di Brandeburgo poliziotti di frontiera, illuminati dalle luci dei mezzi militari, demolirono il manto stradale ed eressero delle barricate di filo spinato. In molti altri punti, all’interno e intorno a Berlino, le stesse scene.

Prima della chiusura delle frontiere centinaia di migliaia di abitanti attraversavano quotidianamente il confine tra i quattro settori in cui era stata divisa la città, dal 1945 occupata dagli alleati inglesi, francesi, statunitensi e russi, per visitare parenti e amici, fare la spesa, andare al cinema, fare insomma quelle cose che si fanno normalmente in una grande città. Circa 10mila berlinesi dell’Ovest lavoravano nell’Est, e circa 50mila berlinesi dell’Est lavoravano nell’Ovest. Di colpo tutto questo fu impossibile a causa del muro.

Le linee della metropolitana vennero interrotte. I treni in viaggio verso Berlino Ovest furono fermati e ricondotti nella zona di occupazione sovietica. I passeggeri furono costretti a scendere e, ironia della sorte, venne loro rimborsato anche il biglietto ma da allora, e per 28 anni, non avrebbero più rivisto l’altra parte della città.

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Francobolli con l’immagine di Walter Ulbricht

Il 18 agosto, durante un intervento televisivo, il presidente del Consiglio di Stato della DDR Walter Ulbricht dichiarò che “La costruzione di un argine di protezione antifascista è una misura di protezione per la pace”. In realtà fu una manovra del governo per bloccare la copiosa emorragia di fuggiaschi. Dal 1949, anno della divisione ufficiale tra Germania Est e Germania Ovest, al 1961 furono circa 2,5 milioni le persone che ripararono all’Ovest. In alcuni quartieri le facciate degli edifici vennero incluse nelle barriere di sbarramento di frontiera. Furono murati i portoni degli ingressi principali e i piani inferiori, e gli abitanti poterono entrare nei loro appartamenti solo dai cortili posteriori.

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J.F. Kennedy

I giorni seguenti i soldati e la polizia della DDR ricevettero l’ordine di sparare su chiunque tentasse di attraversare la zona di confine, che con gli anni fu perfezionata con la realizzazione di un altro muro verso la parte est: tra i due si estendeva la tristemente famosa striscia della morte. Due anni dopo, il 26 giugno 1963, davanti a una folla entusiasta, il presidente statunitense J.F. Kennedy, durante una visita ufficiale a Berlino Ovest, manifestò con le parole “Ich bin ein Berliner” la solidarietà degli Stati Uniti agli abitanti della città.

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La Porta di Brandeburgo oggi

Il 12 giugno 1987 anche Ronald Regan, celebrando alla Porta di Brandeburgo i 750 anni della città, dava il suo appoggio alla popolazione chiedendo al segretario generale del Partito Comunista Sovietico Mikhail Gorbacev l’apertura delle frontiere. E fu proprio la coraggiosa politica di rinnovamento sostenuta da Gorbacev che portò, il 9 novembre 1989, alla fine del muro. In quella sera indimenticabile fu quasi casualmente, dopo un annuncio in tv circa nuove misure per l’espatrio in Occidente, che davanti alla pressione della folla vennero aperti i passaggi e una marea ancora incredula di berlinesi dell’Est si riversò nelle strade che erano state loro proibite per 28 anni.

Il presente del Muro

Berlino fila di sampietrini lungo il tracciato del Muro
File di sampietrini in Potsdamer Platz

Come l’Europa del dopo Muro, anche la città che più di ogni altra è stata simbolo della guerra fredda, tornata capitale della Germania riunificata, si è trasformata in un modo inimmaginabile. Hanno ritrovato l’antico splendore luoghi significativi come Potsdamer Platz, nei decenni del muro una desolata terra di nessuno. Le sue costruzioni, progettate da alcuni dei più prestigiosi architetti mondiali, sono il simbolo del nuovo volto della città. La piazza è attraversata da due file si sampietrini e da placche con la scritta “Berliner Mauer 1961-1989” che ricordano il tracciato del muro. Cartelloni e fotografie che ne raccontano la storia sono stati posti accanto ai pochi tratti rimasti in piedi della cortina di cemento.

Checkpoint_Charlie-Berlino
Checkpoint Charlie

Sugli argini del fiume Sprea, nel cuore del centro governativo sviluppato attorno al Reichstag, una fila di croci bianche commemora alcune delle vittime del muro. Mentre il famoso Checkpoint Charlie, punto di passaggio sulla Friedrichstrasse tra il settore statunitense e quello sovietico, è da anni meta di pellegrinaggio per decine di migliaia di turisti.

Un ultima nota storica: 138 sono i morti documentati durante i tentativi di fuga, di centinaia di altri non si avrà mai notizia…

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